Ultimamente, leggendo vari articoli di ragguardevoli riviste economiche e significativi testi di importanti manager ed economisti, noto con meraviglia e leggera irrequietezza che il concetto di strategia è ancora descritto ed analizzato come semplice strumento per la sopravvivenza aziendale.

La strategia viene interpretata più come un “agire” discriminato dal momento economico e, soprattutto, con l’obiettivo di uscire da un clima d’incertezza e poter ambire ad una continuità che, nel più profondo conscio, sa più di instabilità che di certezza.

Tale capacità del leader si snatura, come dicevo, ad obbligazione strumentale, più per saper cosa dire in un clima che tende a moralizzare la comunità economica su un’eventuale via del fallimento.

Certo, veniamo da una collettività imprenditoriale che ha reso famosi economisti più propizi ad indicare azioni che idee, da una situazione economica “favorevole”, ove ogni modello di successo ben interpretato dava risultati immediati e sostanziosi. Gli anni ’90 e gli inizi del 2000 sono stati portatori di un’economia facile e costruita, senza ragionare sul senso e, quindi, sul perché dell’essere impresa e di cosa dovesse creare realmente nel mercato.

Ciò che veniva chiamata strategia era semplicemente analizzare e sintetizzare “case study” di successo e da lì proporre dei modelli da imitare, figli dell’euforico momento storico.

La verità, invece, è fortunatamente un’altra. La strategia non è “sapere cosa fare”, ma è “decidere chi essere” ed agire con un ordine conseguente efficace a creare un successo duraturo per l’impresa. Sorrido nel pensare ad alcuni autori che eccedono nel dire “che oggi non è più pensabile definire strategie di lungo periodo, a 10-15 anni”. Bene, non parliamo più di strategia, allora, o, per meglio dire, sta emergendo l’incapacità di una certa comunità accademica economica a considerare certi dati stabili essenziali per la conduzione felice di un’impresa.

Primo, non c’è strategia senza visione. La visione è l’obiettivo sfidante, rivoluzionario, eccessivo e di lungo periodo che si pone un’organizzazione per creare un risultato straordinario di utilità nel mercato.

Di conseguenza, la strategia investe il lungo periodo, anche se ciò non significa che essa sia rigida ed incapace di leggere le continue variazioni disordinate del mercato.

Infatti, la caratteristica essenziale della strategia, di fronte all’evoluzione della visione, è la flessibilità.

Secondo, e nessuno, davvero nessuno se n’è accorto, la strategia è nulla senza tattica. È qui la reale mal comprensione degli economisti, anche dei più attenti alle dinamiche aziendali: se la strategia è flessibilità rispetto all’evoluzione della visione, la tattica è assoluta rigidità verso l’ottenimento dei risultati del presente per creare la produttività.

La produttività è il reale elemento che certifica la capacità strategica di un’azienda. Per tale motivo parlare di strategie per uscire dalla crisi è parlare del nulla.

L’impresa posizionata “forte” nel mercato è tale perché sempre strategica, ossia capace di definire e determinare cosa ottenere oggi per garantire il futuro dell’azienda. Strategia non è, ripeto, “sapere cosa fare oggi”, ma è, congiuntamente alla tattica, determinare cosa ottenere oggi.

È, in base a “chi decide di essere l’organizzazione” (missione), decidere cosa ottenere oggi in termini di produttività per essere l’azienda più utile e più unica sul mercato, per essere coerente alla realizzazione continua, step by step, della visione.

La strategia determina l’ordine aziendale delle priorità e permette di eliminare continuamente le attività superflue, ossia quella confusione di azioni non utili a realizzare la visione. La prospettiva è tutto ed è tale se migliora continuamente il particolare, la produttività in coerenza ai valori.

In realtà, il problema non è, come dice Michael Tracy o Michael Porter, allineare un ordine di azioni rispetto al prezzo, al prodotto o al cliente e, quindi, fare una scelta “rigida” per perseguire un eventuale vantaggio competitivo, ma essere azienda e creare le condizioni di mercato utili a realizzare la produttività, ossia la massima utilità, per ottenere la visione, indicatore di unicità e di successo conclamato.

La strategia è semplicemente la disciplina di saper analizzare, di dare una logica anti-convenzionale e di sintetizzare in risultati di qualità decisivi e determinanti a consolidare ed espandere l’azienda.

È un processo nel processo evolutivo del sistema vivente chiamato impresa.

È l’ordine delle idee per l’ordine delle azioni. Nell’ordine non c’è confusione, non c’è crisi, non c’è improduttività.

C’è solo prosperità.

Vale.

Condividi il post!

Facebook
Twitter
LinkedIn
Telegram
WhatsApp

Autore

Luis Humberto Ferrari Blanco

Luis Humberto Ferrari Blanco

Laurea in Economia e Commercio all'Università degli Studi di Parma, con specializzazione in Marketing Internazionale. Ha sempre inseguito tre passioni: le persone, l'economia e la matematica. Il 18 ottobre 2012 fonda hengi, human engineering, insieme a Claudio Baldassini e Sara Gavazzi, quest’ultima purtroppo deceduta prematuramente nell'agosto 2017.
Luis Humberto Ferrari Blanco

Luis Humberto Ferrari Blanco

Laurea in Economia e Commercio all'Università degli Studi di Parma, con specializzazione in Marketing Internazionale. Ha sempre inseguito tre passioni: le persone, l'economia e la matematica. Il 18 ottobre 2012 fonda hengi, human engineering, insieme a Claudio Baldassini e Sara Gavazzi, quest’ultima purtroppo deceduta prematuramente nell'agosto 2017.

Ultimi articoli