Mai come oggi, si evince quanto l’impresa sia il reale fulcro dell’economia.

Non si riesce a capire come i mass media generici e, a seguire, quelli specifico-economici continuino a cercare nelle politiche degli stati e nelle politiche finanziarie le sole soluzioni capaci di ridare vigore al sistema economico mondiale. Sistema che fatica a ridecollare e che comincia a far apparire qualche crepa preoccupante, come l’arresto fisiologico del sub pianeta Cina, l’imbarazzo politico sulla plurisecolare questione mediorientale ed il flusso migrante mondiale dei popoli.

I listini di borsa, il prezzo degli immobili e delle commodities ed il famigerato PIL sono gli unici dati presi come riferimento per indicare se un’economia nazionale e mondiale sia in salute oppure no. Diventa limitante e deludente ridurre tutto ad indicatori macroeconomici superficiali e massificati, dove desolatamente le cattedre
economiche mondiali faticano a teorizzare e a spiegare “qualcosa” di accettabile e di concreto che sia capace di spiegare chi siamo, dove siamo e dove stiamo andando.

Dall’altro lato, economisti che non frequentano i salotti buoni, come Latouche e Collins, oppure imprenditori e manager capaci di spiegare le proprie storie di successo, sempre più basate sui valori e sul coinvolgimento delle persone, sono quasi sempre dimenticati ed occultati nel poter diffondere cosa significhi esattamente l’economia
e come stia realmente evolvendo il mondo nella propria complessità sociale ed economica.

Mercato delle idee

oggi, il mercato sta premiando gli attori che hanno idee, ossia chi decide il più forte credo nelle proprie decisioni.

senza idee, le variabili del mercato sono problemi e mai opportunità

tale credo sfocia nella creatività, ossia nella capacità di creare le condizioni per ottenere la massima utilità ed unicità. 

il semplice “fare” non è più sinonimo di successo e produttività (trappola dell’esecutore demotivato)

il confronto con il risultato è il dato stabile che deve generare crescita.

senza crescita collettiva il risultato è incompleto, ossia fine a se stesso e non più altamente desiderabile 

il cambiamento, ossia il miglioramento continuo, è il prodotto che si aspetta il mercato come condizione strutturale per l’evoluzione e la prosperità. 

non solo, quindi, ottenere risultati di crescita, ma migliorare continuamente tali risultati per la crescita continua

Oggi, personalmente, ammiro e apprendo sempre di più dai nostri clienti che stanno decidendo il ruolo sociale della leadership ed intendono identificarsi in un mercato delle idee che pretende la massima etica ed estetica della propria organizzazione.

I “simil-guru” degli anni 1990 e 2000, purtroppo, tentano di riemergere e di crearsi uno spazio in una economia che non ha più dimensione per loro, dopo i disastri legati al 2007 e creati da teorie semplicemente tecniche e conformiste grazie ai favorevoli contingenti eventi esogeni di quel “falso” mercato. Mi ricordo ancora di come il
personale di un’azienda fosse trattato alla stregua di un qualsiasi fattore produttivo. Per esempio, l’ultima teoria di Porter & Company sui “prodotti intelligenti”, la ricerca dell’ennesima competenza di leadership alla moda o la comica-ironia dell’ottimismo del nostro premier sulla crescita dello 0,6 del PIL Nazionale sono ciliegine di quale idiozia stia occupando lo spazio di ascolto delle persone. E mi fermo qui.

La verità è che non si dice la verità.

La verità è che la crescita a cui abbiamo assistito sino al fatidico 13 settembre 2007 non è più possibile. Per meglio dire, non è più possibile perchè non era possibile e non potrebbe essere possibile.

Non possono 7 miliardi circa di persone avere un tenore di vita quale il nostro attuale ed è certo che non possiamo più sostenere che 3/4 della popolazione viva con meno 10 $ al giorno. O arriviamo, come abitanti del primo mondo, a ridurre e rivedere il nostro stile di vita per concedere al resto del mondo di stare meglio, o la situazione socio-politica-geografica del pianeta arriverà presto al collasso.

Come si fa ad immaginare che china ed india possano giungere allo standard elevato di vita alla quale noi siamo abituati? Parliamo, per la prima, di 1,357 miliardi di persone e, per la seconda, di 1,252 miliardi di persone. Il totale è 2,609 miliardi di persone circa. Se pensiamo che stati uniti ed Europa (Russia compresa) contano 1,061 miliardi di persone, ci rendiamo conto che stiamo inseguendo e sperando nel collasso irreversibile del pianeta terra.

La famosa battuta che “se tutti i cinesi usassero la carta igienica, la foresta amazzonica scomparirebbe in un giorno” è terribilmente vera.

È inutile crogiolarsi ed architettarsi su conformistiche analisi macroeconomiche utili solo a far capire “chi ne sa qualcosa” e a non far capire “chi non deve sapere qualcosa” o per creare discorsi efficaci a distogliere le folle dalla verità. Stato, banca e finanza non possono più assumere il privilegio preso fino ad oggi di decidere e fare l’economia, ma devono tornare ad un ruolo comprimario verso chi è realmente profitto per la società: l’impresa.

Dobbiamo iniziare ad assumere che la ricchezza esasperata a cui eravamo abituati non sarà più possibile e che la vita umana deve godere di un valore collettivo, quali il profitto, che deve espandersi anche in altri aspetti non meramente economico speculativi. I rapporti tra le persone, la crescita intellettiva e culturale delle generazioni e la rinascita di un assetto globale teso a garantire il rispetto della vita sono, oltre ad un soddisfacente livello di ricchezza personale, i veri asset per un futuro prospero capace di lasciare un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto alle prossime generazioni. L’impresa deve iniziare a ripensare il proprio impatto sul pianeta in termini di costi ambientali e produttivi, generando profitto grazie all’ottimizzazione migliorativa delle proprie risorse, delle proprie vendite verso ciò che realmente serve e diventando polo culturale di crescita della società. Adriano Olivetti ci ha lasciato un’eredità che non abbiamo ancora raccolto.

Il reale principio che guida l’economia oggi, e forse quando mai non è stato così, è l’impresa nella propria organizzazione. L’organizzazione non è più soltanto l’insieme dei collaboratori, ma sempre di più i fornitori, i clienti, le banche ed ogni altra figura che interagisce con l’azienda. Mi piace pensare che l’organizzazione sia costituita da quella “conosciuta”, ossia quella presente, in atto, ma anche da quella “sconosciuta”, ossia quella futura o che non arriverà mai in contatto con l’impresa, ma che direttamente ed indirettamente in qualche modo interferisce o interferirà con essa.

Il concetto di leadership diffusa e di partnership è la chiave per riprendere il senso sociale dell’economia e, soprattutto, rivoluzionare il mondo verso un’ottica di uguaglianza, contribuzione e sostenibilità. Se Adam Smith iniziò l’economia partendo dalla microeconomia, oggi non siamo così distanti nel rimettere al centro l’imprenditore come vera causa di benessere e profitto per la società. Politica e stato, credito e finanza devono essere al servizio della persona che mette in gioco sé stesso per e con gli altri, grazie al sistema impresa.

Non possiamo che ridare l’economia al leader, ossia a quella persona che dedica ed evolve sé stesso verso gli altri nel sistema socio-economico chiamato impresa.

Va ricordato e ripreso che l’economia è la scienza sociale che studia l’uomo capace di creare utilità per gli altri uomini. Niente di più, niente di meno.

Generare profitto come prospettiva e prosperità per tutti è il sogno di tanti esseri umani che, ogni giorno, sentono il desiderio di realizzare un mondo migliore.

È la nuova economia la sfida che aspetta chiunque voglia mettere sè stesso al servizio degli altri e per le generazioni che verranno.

Non importa se siano imprenditori, general manager, collaboratori, clienti o fornitori. Sono semplicemente delle persone in una scelta etica che intende realizzarsi in estetica concreta di benessere, di eccellenza ed empatia per un’evoluzione civile e sostenibile della cultura umana. Simbiosi significativa tra intangibile e tangibile, tra particolare e prospettiva, tra individualità e collettività, tra presente e futuro. Tra sociale ed economico, per la “felicità e la libertà.”

Il leader è l’ingegnere umano, la persona che crea l’impresa, nel suo insieme, come scienza esatta in continua trasformazione, evoluzione e migliorabilità.

Non più il carisma, non più l’estro, non più il talento, non più l’egocentrismo e l’onnipotenza, ma l’analitica è la competenza scientifica che mette in gioco la logica nel pensiero imprenditoriale e le conseguenti decisioni strategiche per essere miglioramento per il miglioramento, per essere cambiamento nel cambiamento.

La logica, intesa nella sua pura accezione, è dare il massimo ordine, etica ai fondamenti scientifici aziendali. Come spiega chiaramente la disamina del ciclo del caos, il mercato in forte accelerazione è continuamente una fonte di disordine che investe in ogni sua componente l’azienda e, conseguentemente, l’organizzazione.

mercato

cambiamento 
esogeno
disordinato

impresa

cambiamento
endogeno
ordinato

Come sappiamo, oggi il mercato è sempre più veloce, impulsivo ed incerto. Il cambiamento è un dato fortemente in accelerazione ed il caos comprime e attraversa l’impresa, disordinandola sempre di più e trascinandola ai margini del mercato se non si interviene strategicamente e tatticamente in tempo reale.

L’intelligenza collettiva, ossia la lettura analitica dell’impresa da parte della leadership è l’essenza strategica oggi per confrontarsi continuamente con la realtà derivante da questo continuo disordine esterno del mercato, sia quello conosciuto che quello sconosciuto.

Il talento, tanto consacrato negli anni ’80 fino agli anni 2000, oggi è insicurezza verso una complessità dell’impresa che è divenuta vera fonte di studio, di osservazione, di sperimentazione e di scoperta da parte dell’imprenditore e dal general manager. L’economia ha ripreso il suo forte valore micro-economico per essere fonte di ricchezza etica collettiva, dopo che il ‘900 ha definitivamente condannato il fallimento delle falsamente tattiche teorie keynesiane e monetariste.

L’analitica permette all’organizzazione di creare e di crescere il positivismo economico, ossia la prospettiva sicura di condizionare gli eventi positivamente per il futuro attraverso dati stabili, leggibili e valutabili, nell’ottica del miglioramento consapevole da parte dei componenti dell’organizzazione.

L’ingegneria economica assume il più alto significato di rendere autorevole la crescita grazie a dati stabili oggettivi, atti a mettere in gioco le persone per la massima utilità ed unicità dell’impresa. Il confronto col risultato non è più inteso a “giudicare”, ma ad incoraggiare la massima espressione valoriale delle persone in risultati collettivi di più alta qualità umana e di completa desiderabilità.

I 4 parametri per l’analitica dell’impresa, di fronte al continuo disordine perpetuato dal mercato, sono:

  1. Il coinvolgimento delle persone alla cultura aziendale
  2. La condivisione delle persone alle priorità strategiche
  3. L’ordine del sistema aziendale
  4. La qualità del risultato finale aziendale in termini di persone felici e libere

Il positivismo economico conduce ad un assunto fondamentale per il cambiamento dell’organizzazione: il prodotto dell’impresa sono persone felici, quindi motivate, e libere, quindi produttive, ossia di tangibile utilità per gli altri.

La società ha bisogno di uomini e donne equilibrati, forti e coraggiosi. Di individualità capaci di creare collettività in crescita ed intraprendenti a sviluppare un ordine nuovo, ove il senso dell’altruismo e della reciprocità siano doveri etici come dono da conquistare per tutti. Uomini e donne ambiziosi nel voler diffondere una cultura del valore perché impegno e responsabilità ad evolvere il cambiamento in quanto prospettiva e prosperità per il pianeta.

Queste persone sono gli imprenditori, i general manager e le persone che compongono l’organizzazione interna ed esterna dell’impresa, individui che hanno assunto la leadership come un privilegio d’integrità, incondizionabile felicità ed ambiziosa libertà per il sistema socio-economico.

È un atto sociale che va oltre le persone, oltre i conformismi, oltre i prodotti ed oltre il tempo.

Il leader oggi non mostra, non insegna, non spiega, non reclamizza: il leader vuole capire, con più persone possibili, per un futuro che sia prospettiva per tutti. L’analitica mette in primo piano il sociale, nel valore dell’umanità come coinvolgimento e contribuzione, e l’economico, come competenze scientifiche condivise e diffuse, per diventare patrimonio comune scambiabile nelle organizzazioni.

Il pensiero strategico, la selezione e la crescita strategica del personale, il “lean thinking” diffuso e la pianificazione ed il controllo dei dati ottenibili, leggibili e migliorabili per la definizione strategica flessibile del leader, evoluzione naturale del controllo di gestione, sono le frontiere da raggiungere ed attraversare per rendere il pianeta un posto migliore per gli esseri umani.

Vale.

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Autore

Luis Humberto Ferrari Blanco

Luis Humberto Ferrari Blanco

Laurea in Economia e Commercio all'Università degli Studi di Parma, con specializzazione in Marketing Internazionale. Ha sempre inseguito tre passioni: le persone, l'economia e la matematica. Il 18 ottobre 2012 fonda hengi, human engineering, insieme a Claudio Baldassini e Sara Gavazzi, quest’ultima purtroppo deceduta prematuramente nell'agosto 2017.
Luis Humberto Ferrari Blanco

Luis Humberto Ferrari Blanco

Laurea in Economia e Commercio all'Università degli Studi di Parma, con specializzazione in Marketing Internazionale. Ha sempre inseguito tre passioni: le persone, l'economia e la matematica. Il 18 ottobre 2012 fonda hengi, human engineering, insieme a Claudio Baldassini e Sara Gavazzi, quest’ultima purtroppo deceduta prematuramente nell'agosto 2017.

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