In un momento in cui i leader si pongono il dilemma dell’efficacia delle proprie azioni, un parametro torna prepotentemente alla ribalta: l’intraprendenza.
Forse non avremo mai la “ricetta” magica dell’esattezza strategica delle azioni utili a guidare l’impresa in un mare, il mercato, divenuto sempre più incerto, impulsivo e veloce e forse neanche serve tendere a tale infallibilità. Infatti, possiamo sicuramente affermare che sia giustamente finita l’era dei “modelli industriali ed organizzativi vincenti” e dei “guru dall’ultimo best seller”, ove è descritto l’ingrediente segreto del “miglior elisir di successo imprenditoriale”; tale atteggiamento di copiare per replicare si è rivelato, probabilmente, uno dei fattori scatenanti il momento alto d’insicurezza del mondo produttivo economico.
Questi meccanismi detti “me too”, ossia “anch’io”, ove era importante accorgersi dell’ultimo fenomeno di tendenza imprenditoriale, hanno inesorabilmente portato il sistema economico a creare ciò che più detesta il mercato e ciò che è più pericoloso in una prospettiva di miglioramento continuo, per meglio dire di “cambiamento” dell’azienda: il conformismo.
Nel conformismo, ogni cellula dell’organismo socio-economico, l’impresa, tende a livellarsi verso il basso, viziata da un atteggiamento sempre più reattivo e falsamente ordinato, dove ogni idea, azione e risultato aziendale è sempre più “spiegato” e sempre meno “analizzato”, perdendo di vista ciò che è il maggior valore di un’organizzazione e della propria leadership che è l’intelligenza.
Cosa significa l’intelligenza? L’intelligenza è la capacità umana di più grande umiltà, dove le persone assumono il precetto socratico “so di non sapere” e l’analisi è l’atteggiamento e azione continui di capire ogni fenomeno per scomporlo e riordinarlo sempre meglio, la logica, e ridefinirlo in una sintesi migliorativa che realizzi una maggiore utilità per la collettività. L’intelligenza dà valore al non pretendere di “spiegare” ogni situazione, ogni risultato, ma di volerlo “ascoltare, capire e migliorare” per apprendere e donarlo agli altri in un’ottica di crescita.
Da qui l’innovazione, ossia il capire per migliorare. Da qui l’ingegnosità, ossia creare per crescere.
Solo il continuo apprendere manifesta intraprendere. Chi intraprende non sa, ma desidera capire, non spiega, ma vuole sempre più scambiare, e non ha già fatto, ma ricerca nuove strade, nuovi metodi e, soprattutto, nuove idee.
Questo è l’anticonformismo, il coraggio di osare sempre perché non esiste più il percorso già tracciato da altri, bensì l’esplorazione di nuove frontiere, ove nessuno si è mai addentrato, per essere guida, leader, di crescita e di cambiamento.
L’intraprendenza è la via della civiltà, e senza civiltà non esiste sistema socio-economico di profitto e di prosperità.
Vale.